Tempio Monumentale ai Caduti in Guerra

Pioveva a dirotto la mattina di quel 3 novembre 1929, eppure la folla era assiepata dappertutto. Il Tempio, lavato dalla pioggia, era nuovo di zecca e finalmente terminato. Il cielo era buio. Alla solenne inaugurazione mancava solo l’arcivescovo di Modena, mons. Natale Bruni, morto tre anni prima. Proprio lui che aveva così tenacemente voluto una chiesa dedicata alla memoria dei soldati appartenenti alla provincia di Modena e periti nella Prima guerra mondiale non giunse a vederla compiuta.
Tenne il discorso il nuovo vescovo, mons. Bussolari, alla presenza del re Vittorio Emanuele III, giunto a Modena per l’occasione.
Eppure bastava sollevare lo sguardo, alla lunetta del portale, affrescata da Evaristo Cappelli per ritrovare la sua immagine, il suo sguardo e le mani giunte in una accorata preghiera di intercessione.
Il dipinto, non più perfettamente leggibile, raffigura la morte di un soldato, ritraendone a sinistra la madre che guarda al cielo, in mezzo al quale compare Gesù circonfuso di luce e a destra una donna in lacrime – la sposa o la fidanzata del soldato. Ai piedi della barella, tutto a destra, è raffigurato mons. Natale Bruni, in atteggiamento orante.
In quell’affresco, troviamo sintetizzati i motivi di fondo che spinsero l’arcivescovo e l’intera cittadinanza modenese a erigere il Tempio monumentale dei caduti: il convergere di tutto il sentimento nazionale, religioso e laico, nella dolorosa memoria delle tante giovani vite spezzate dal conflitto. Il Tempio sarebbe stato una eloquente testimonianza del dolore, della preghiera e della speranza cristiana con cui vivere il lutto per le numerose perdite subite dalla città e dall’intera provincia di Modena.

La storia del significativo monumento inizia dodici anni prima. Siamo nel 1917. Il sanguinosissimo conflitto mondiale, definito a ragione da papa Benedetto XV, «una inutile strage» è ancora in corso. Don Luigi Boni, parroco di s. Caterina, aveva chiesto la partecipazione del Comune alla realizzazione di una nuova chiesa, al cui interno collocare una cappella dedicata ai caduti in guerra. Il vescovo Bruni raccolse e amplificò il progetto promuovendo l’erezione di un Tempio appositamente e interamente dedicato alla loro memoria e al loro suffragio. Il suo appello, rivolto a tutta la città, riscosse immediato consenso. Causa difficoltà economiche e di vario genere, il cantiere fu aperto solo il l8 dicembre 1923, sempre alla presenza del sovrano, sul terreno ceduto dal Comune, il quale garantì anche una cospicua partecipazione finanziaria.
Il progetto fu affidato all’architetto Domenico Barbanti (1872-1953), dal 1908 ingegnere capo del Comune, in collaborazione con Achille Casanova. In un primo tempo orientata a sud, con la facciata rivolta verso viale Caduti in guerra, la chiesa fu poi costruita come appare ora, con il fronte a guardare la stazione dei treni, suggerendo al viaggiatore che giungeva a Modena un immediato riferimento monumentale ma anche il legame con la fede cristiana e i valori della patria.
L’ispirazione per il progetto venne da costruzioni di età medievale in stile romanico, come si comprende a prima vista osservando particolari come le modanature ad archetti, la loggetta cieca o la forma stessa della facciata. Il Duomo, innalzato nel XII secolo da Lanfranco e Wiligelmo, vero e proprio simbolo di Modena, legittimò tali scelte stilistiche. Ma anche recenti realizzazioni nella vicina Bologna, come la chiesa del Sacro Cuore (1903-1912), certamente nota all’architetto Barbanti, testimoniavano una sorta di revival che, dalla fine dell’800, aveva aperto la strada ad una rivisitazione a tutto campo dei diversi stili architettonici che la civiltà europea in Oriente e Occidente aveva definito nel corso dei secoli.
Il tipo di copertura a più cupole rinviava invece consapevolmente ad esempi di chiese costruite a Padova e Venezia e ai modelli orientali che li avevano ispirati.

Di pianta interna quadrata, come imposto anche dall’irregolare spazio a disposizione, con quattro avancorpi arrotondati che formano le absidi della croce greca, la chiesa è stata costruita su di un piano rialzato anche per meglio ricavare la cripta posta sotto al presbiterio, altro implicito riferimento al Duomo cittadino e luogo per eccellenza della memoria. Le sue pareti, infatti, rivestite di marmo verde, recano incisi, in lettere dorate, i nomi dei 7237 soldati della provincia di Modena, suddivisi per comune di provenienza, periti nel conflitto.
Il paramento esterno è in laterizio ed è ritmato da lesene e alte finestre monofore. Sopra il portale è impostato un altro riferimento alla cattedrale della citta: l’ampio rosone, intorno al quale sono disposti a croce i simboli dei quattro evangelisti, opera dello scultore Benito Boccolari.
Il portale in rame sbalzato, opera di Adamo Pedrazzi e del figlio Rubens, venne realizzato solo nel 1952. È suddiviso in 54 formelle raffiguranti prevalentemente scene che narrano la passione, morte e resurrezione di Cristo, fino alla discesa dello Spirito Santo nel giorno di Pentecoste sulla prima comunità cristiana. Diversi riquadri rappresentano invece figure di santi. Il tema fondamentale del portale è dunque il passaggio dal buio alla luce, dall’apparente fallimento alla gloria, non senza riferimento implicito alla riuscita nella decisiva battaglia di Vittorio Veneto, ottenuta a prezzo, tuttavia, del sacrificio di molte vite.
La semplicità dell’interno dalle linee leggere, ricoperto da volte a costoloni fa risaltare le belle vetrate, dagli intensi colori, eseguite da Guglielmo Da Re, artista milanese. Esse raffigurano, oltre al Cristo e alla Vergine addolorata, gli evangelisti, alcuni santi e apostoli.
Le imponenti acquasantiere sono state ricavate dal macigno del monte Grappa, chiara allusione ai luoghi della prima guerra mondiale.
Nella cappella di sinistra, entrando dall’ingresso principale, si può vedere un gruppo in terracotta raffigurante la deposizione di Gesù dalla croce, opera di Armando Manfredini.
Nella cappella di destra, invece, si trova la tomba di monsignor Natale Bruni, la cui effigie in marmo, è opera dello scultore Giuseppe Graziosi.
Fu ancora il vescovo Bruni a volere l’edificio dedicato a s. Giuseppe, patrono della chiesa universale ma anche protettore di artigiani ed operai. Al santo è dedicato l’altare laterale di sinistra, mentre quello di destra è dedicato alla Madonna di Lourdes. La scelta del patrono da parte dell’allora vescovo Bruni ben si adattava alle caratteristiche sociali della zona. La vicinanza con la stazione dei treni fu motivo per il quartiere di un progressivo sviluppo industriale, con conseguente concentrazione, tra gli abitanti, di famiglie operaie.