Chiesa di San Biagio

La chiesa di San Biagio nel Carmine – originariamente intitolata chiesa del Carmine e dedicata alla Beata Vergine Annunciata per la presenza dei Carmelitani – fu riedificata nella struttura attuale a pianta basilicale negli anni 1649-65 su disegno di Cristoforo Malagola, noto come il Galaverna, che operò unitamente al pittore Mattia Preti.

La chiesa originaria del 1319 – anno della sua fondazione assieme al convento attiguo – anche nella sua attuale versione, contiene evidenti richiami artistici riconducibili ai Carmelitani, tra cui spiccano le raffigurazioni dei santi carmelitani nella Cupola centrale della Chiesa (sant’Angelo di Sicilia, sant’Alberto e santa Maddalena de’ Pazzi).

L’interno della Chiesa, a una sola navata, è di grande interesse artistico, in particolare per gli affreschi di cupola e catino absidale (1653 – 1656) di Mattia Preti, allievo  a Roma del Guercino e forte conoscitore dei maestri emiliani Domenichino, Lanfranco e Bonone. Sui pennacchi della cupola sono dipinte le possenti figure degli” Evangelisti”, nella calotta “Il Paradiso con Vergine accolta in cielo e Santi“, e nel catino un originale “Concerto d’angeli.” L’opera è maestosa non solo per l’estensione – quasi 540 mq di superficie – ma anche per l’ardita composizione nonché per la  novità  di concezione e qualità esecutiva. Interamente realizzata ad affresco,  molto probabilmente fu eseguita dal Preti durante i lavori di ammodernamento dell’edificio da parte del Galaverna. L’opera si ispira alla cupola di Sant’Andrea della Valle a Roma realizzata dal pittore barocco Giovanni Lanfranco. 

L’altare maggiore è di legno dorato; alla parete del coro è posto il dipinto dell’Annunciazione di Giovanni Battista Codebò (anteriore al 1596), il cui tema richiama la dedicazione della chiesa.

A sinistra entrando, di rilievo si trovano: il fonte battesimale di Domenico Carnevali (XVI sec.), la sepoltura del celebre musicista modenese del Cinquecento Orazio Vecchi (1551-1605), un dipinto raffigurante San Giuseppe col Bambino e Santa Teresa di Giambettino Cignaroli e il dipinto raffigurante la “Madonna col Bambino” attribuito al Preti, oggetto di venerazione da parte dei fedeli

A destra troviamo invece fra le opere di rilievo il dipinto di Sant’Alberto di Sicilia che calpesta il demonio di Dosso Dossi o Gian Gherardo delle Catene, il pulpito rinascimentale in marmo con lastra centrale raffigurante  San Paolo, San Domenico e Cristo in pietà ( sui pennacchi sono visibili le figure della Vergine Annunziata e dell’Angelo Gabriele). Sulla quinta arcata è collocata una tela di Paolo Beroaldi raffigurante i santi patroni di Modena: San Geminiano al centro, affiancato da Sant’Omobono e San Contardo.

Nella chiesa è sepolto anche Guido Mazzoni, noto scultore modenese della fine del Quattrocento e il nobile Furio Molza.

La chiesa oltre che per la devozione alla Madonna del Carmine è cara ai modenesi per la devozione a san Biagio vescovo e martire – noto protettore della gola e in genere dei suoi malanni – la cui ricorrenza cade in pieno inverno il 3 febbraio, da cui il detto modenese “A San Bies / la nev la g’ pies. ” ossia “A San Biagio piace la neve.”